Tappa 2 - Da Coltano a Colle Salvetti: i "Paesi Bassi" della Toscana
![](https://www.camminodetruria.it/foto/grandi/tappa2-2.png)
Tappa n. 2: Da Coltano a Collesalvetti: i “Paesi Bassi” di Toscana
Paesaggi sempre nuovi, un percorso tra pianure e colline ben coltivate, labirinti di canali, fiumi e fossi, un viaggio all’insegna della forza primigenia delle acque e della poesia (leopardiana) di borghi e vallate. Storie di principesse, monaci benedettini e un vescovo greco in fuga dai servizi segreti ottomani.
Località attraversate: Coltano, Mortaiolo, Nugola, Collesalvetti.
Paesaggi sempre nuovi, un percorso tra pianure e colline ben coltivate, labirinti di canali, fiumi e fossi, un viaggio all’insegna della forza primigenia delle acque e della poesia (leopardiana) di borghi e vallate. Storie di principesse, monaci benedettini e un vescovo greco in fuga dai servizi segreti ottomani.
Località attraversate: Coltano, Mortaiolo, Nugola, Collesalvetti.
Tappa n. 2: Da Coltano a Collesalvetti: i “Paesi Bassi” di Toscana
Paesaggi sempre nuovi, un percorso tra pianure e colline ben coltivate, labirinti di canali, fiumi e fossi, un viaggio all’insegna della forza primigenia delle acque e della poesia (leopardiana) di borghi e vallate. Storie di principesse, monaci benedettini e un vescovo greco in fuga dai servizi segreti ottomani.
Località attraversate: Coltano, Mortaiolo, Nugola, Collesalvetti.
Paesaggi sempre nuovi, un percorso tra pianure e colline ben coltivate, labirinti di canali, fiumi e fossi, un viaggio all’insegna della forza primigenia delle acque e della poesia (leopardiana) di borghi e vallate. Storie di principesse, monaci benedettini e un vescovo greco in fuga dai servizi segreti ottomani.
Località attraversate: Coltano, Mortaiolo, Nugola, Collesalvetti.
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Mappa della tappa n. 2:
Cartografia:
Carta Turistica e dei sentieri Parco Regionale Migliarino-S. Rossore Massaciuccoli Monti pisani - Colline livornesi 1:25.000 Dintorni di Livorno - Lucca - Pisa - Viareggio Sentieri CAI e naturalistici Percorsi per mountain bike, Edizioni Multigraphic, Firenze, 2010 (Quarta edizone).
Appena usciti da Coltano, si passa davanti all’edificio principale di quello che fu la stazione radiotelegrafica intercontinentale (la prima in Italia e una delle primissime al mondo), realizzata tra 1902 e 1906 su iniziativa del premio Nobel Guglielmo Marconi. Intorno e per buona parte del successivo percorso domina il paesaggio, ormai a noi familiare, creato con le ultime bonifiche fatte negli anni ’30 del ‘900 dall’Opera ex-combattenti. Tra i fossi principali il primo che incontriamo è quello detto Fosso del Caligi e, subito dopo, il Fosso di Titignano e, dopo un po’, quello detto Fosso del Torale. Tutti questi fossi raccolgono le acque di una vasta e meticolosa rete di canali e canaletti, tangibile segno di una millenaria lotta dell’uomo per imbrigliare le acque che scendono giù da ogni angolo di quella che fu l’Etruria del Nord.
Aiutati dal lento scorrere dell’acqua nei canali, il passo corre veloce, mentre il pensiero torna indietro a rimuginare quanto il giorno prima, visitando i musei di Pisa e Coltano, abbiamo imparato sull’Etruria antica e le abilità idrauliche dei suoi popoli.
Con il Fosso del Caligi sempre alla nostra destra, dopo un po’ ci affianca sulla sinistra il Fosso di Oratorio che ci accompagna fino ad un impianto idrovoro di sollevamento, risalente anch’esso agli anni ’30 del secolo scorso, e alla Fossa di Chiara, che attraversiamo. A quel punto siamo fuori del (pre) Parco di Migliarino San Rossore Massaciuccoli e proseguiamo per l’impianto di sollevamento del Lavandone (detto anche del Biscottino), dove grazie a due passerelle attraversiamo il Canale Imperiale e la Fossa Nuova. Il primo è il canale emissario che (passando sotto l’Arno tramite una galleria detta “La botte” delle Fornacette) trasporta nello Scolmatore (e quindi in mare) le acque provenienti da quello che fu il Lago di Bientina (detto di Sesto dai lucchesi): porta il nome Imperiale in onore dell’imperatore Francesco Stefano di Lorena e della consorte Maria Teresa d’Asburgo che, regnanti in Toscana, nel 1756 vollero dotare il lago di un più moderno canale emissario. Vale la pena ricordare che queste passerelle, che offrono per la prima volta un passaggio pubblico campestre tra le province di Pisa e Livorno, sono state rese accessibili al Cd’E per gentile e lungimirante concessione dell’ENI.
Passiamo quindi il Canale Scolmatore, che collega l’Arno (da Pontedera) con il mare, all’altezza del campo di gara (anche internazionale) per la pesca sportiva e dilettantistica. Progettato nel 1954 (in seguito all’inondazione di Pisa del 1949) per poter contenere fino a 1400 metri cubi al secondo di portata, lo Scolmatore attualmente (a causa dell'insabbiamento della foce) può raggiungere una portata massima di 900 metri al secondo. Dal 1986, attraverso un canale sotterraneo che passa sotto l’alveo dell’Arno, lo scolmatore raccoglie anche le acque in eccesso del Padule di Fucecchio. Interessante notare che l’argine sinistro dello scolmatore è stato realizzato interrando quello che fu per secoli il principale collettore idrico delle Colline tra Val di Tora e Val di Càscina: il Fosso Reale, prolungamento regimentato del fiume Zannone, che nasce ai piedi del Monte imperiale, nei pressi del Campo Marzio di Lari. Realizzato nel 1554 (ai tempi di Cosimo I il Grande), il Fosso Reale (che raccoglieva le acque anche dell’Isola e della Crespina) fu riorganizzato da ingegneri toscani e olandesi nel 1672, ai tempi di Cosimo III, il cui governo - prevedendo il periodico interramento - istituì una tassa, detta «del piè tondo, che cumulava l’occorrente denaro per l’escavazione» (ci dice Giovanni Mariti nel suo Odeporico di fine XVIII secolo) e il mantenimento del fosso (che fu rinnovato nel 1740 e ai tempi di Pietro Leopoldo).
Un’altra coppia di ponti ci permette di attraversare l’Antefosso, di (quello che fu) il Fosso reale, detto “dei Paticolari” (poiché usato in origine - ci dice ancora il Mariti - solamente dai «possessori particolari» della soppressa Real Fattoria di Collesalvetti), e l’Antifossetto (regimentazione del Fosso Fologno che scende da Vicarello).
Attraversando tutti questi fossi e canali che formano uno dei più importanti e complessi sistemi collettori idrici di Toscana, la mente va alla storia di questa parte di Toscana in cui, tra il mare e i laghi di Bientina e Fucecchio, l’acqua fu elemento dominante, anche se non sempre egemone. Sembra quasi di sentire il vociare laborioso di generazioni di contadini (e contadine) che con il loro sudore ebbero a scavare i canali, bonificare laghi e lagune, per coltivare (come oggi) questa ubertosa parte di Toscana. Accompagnati da simili pensieri capiamo meglio anche come le Pisae (leggi “pise”) - luogo di incontro idrografico di tutta la Toscana - poterono assurgere (come avvenuto per Venezia e la sua laguna rispetto al Veneto) allo status di (de facto) «Tusciae provinciae caput», come si sarebbe detto ai tempi di Matilde di Toscana. Uno status che Pisa perse proprio quando non riuscì più (a differenza di Firenze e Lucca) a gestire a proprio favore il rapporto con il contado - in questo ostacolata da una mutata congiuntura internazionale, in cui l’importanza dell’acqua (e dei commerci marittimi) scemò a vantaggio della terra, che nell’Italia del secondo Rinascimento divenne la primaria fonte di ricchezza, causando una generale feudalizzazione della società (e un più efficace sfruttamento dei contadini).
Considerazioni appropriate per ben preparare l’ingresso nel più tipico paesaggio contadino toscano. In lontananza, infatti, già si vedono le propaggini più settentrionali di quelle che oggi vengon detti i Monti livornesi (“monte” in Toscana è anche, soprattutto nella toponomastica, sinonimo di collina). I cipressi (l’albero-bandiera dell’identità toscana) ci indicano la strada verso Nugola e l’inizio di quell’angolo di Toscana contadina che, tra oliveti (che qui si chiamano chiudende), vigneti e alberi da frutto, nell’800 l’ultimo granduca descrisse come «la parte più bella di Toscana».
Arrivati a Mortaiolo il Cd’E devia verso Ovest per intercettare il Torrente La Tora che ci porta al Podere delle Pollacce dove, alla nostra sinistra, intravediamo le torri di captazione dell’acquedotto ottocentesco della già citata Real Fattoria di Nugola-Collesalvetti, oggi proprietà Frescobaldi (visitabile, prenotando, l’annesso punto di vendita di eccellenze eno-gastronomiche). Da questo momento in poi fino a Nugola il percorso prosegue tra filari di viti a perdita d’occhia; ogni tanto una “leopoldina”, il tipico “podere” (casolare colonico) dei mezzadri toscani, il cui nome ricorda che qui a comandare erano i granduchi danubiani di Casa d’Austria: S. Leopoldo, S. Ferdinando, S. Costantino imperatore.
La direzione per Nugola ce la danno gli alberi di alto fusto (cerro, rovere, castagno, pino marittimo) che cingono a corona il paese di Nugola (che potrebbe anche esser scelto da qualche viandante del Cd’E come luogo di sosta prolungata, magari anche per uno o più pernottamenti – considerando anche la vicinanza del Parco dei Monti Livornesi). Il passo si fa più veloce.
Nugola vanta una lunga storia di antico insediamento sorto per iniziativa di Ranieri duca di Toscana, già di pertinenza dell’Ospedale di San Leonardo di Stagno e della (perduta) Abbazia benedettina dei Santi XII Apostoli “in Decumo” (dipendente da una casa madre di Provenza) e trasformato in fattoria granducale quando fu donata a Eleonora di Toledo, moglie di Cosimo il Grande (da qui l’intitolazione della parrocchiale ai Santi Cosimo e Damiano). Nel paese domina un’atmosfera di altri tempi, quasi leopardiana. E chi sa che non sia passato di qui davvero l’autore della Ginestra (il famoso inno all’umana federazione), che sappiamo durante il suo soggiorno pisano fu spesso in contatto con la comunità greca pisano-livornese che proprio qui a Nugola aveva molte proprietà e nascose il suo più autorevole esponente: Ignatios, metropolita greco di Ungaro-Valacchia (oggi detta Romania), eroe nazionale della Grecia moderna.
Usciti da Nugola, si attraversa il Fosso Tanna, si raggiunge la località La Badia (sede un tempo della già citata abbazia dei Santi XII Apostoli – intitolatura assai rara in Occidente ma alquanto diffusa in Oriente), si passa il Torrente Tora attraverso il Ponte medìceo, direzione Collesalvetti, capoluogo di un importante e ampio comune, il primo di una serie di centri collinari maggiori allineati sulla S.P. n. 35 delle “Colline di Lari” che collega Collesalvetti a Santo Pietro Belvedere attraversando Fauglia, Crespina, Lari e Cevoli.
A Collesalvetti sono da visitare la Piazza della Repubblica, con l’elegante palazzo-villa-fattoria granducale, la vicina pinacoteca civica e la parrocchiale dei Santi Quirico e Giulitta (nel cui presbiterio gli stemmi di Pisa e Livorno ci ricordano come qui siamo in diocesi di Pisa ma in provincia di Livorno) con moderna ma bella Madonna del Buon cammino (detta anche Odigitria, in greco "colei che guida nel cammino”) in stile romano-cristiano (detto normalmente “bizantino”).
Cartografia:
Carta Turistica e dei sentieri Parco Regionale Migliarino-S. Rossore Massaciuccoli Monti pisani - Colline livornesi 1:25.000 Dintorni di Livorno - Lucca - Pisa - Viareggio Sentieri CAI e naturalistici Percorsi per mountain bike, Edizioni Multigraphic, Firenze, 2010 (Quarta edizone).
Appena usciti da Coltano, si passa davanti all’edificio principale di quello che fu la stazione radiotelegrafica intercontinentale (la prima in Italia e una delle primissime al mondo), realizzata tra 1902 e 1906 su iniziativa del premio Nobel Guglielmo Marconi. Intorno e per buona parte del successivo percorso domina il paesaggio, ormai a noi familiare, creato con le ultime bonifiche fatte negli anni ’30 del ‘900 dall’Opera ex-combattenti. Tra i fossi principali il primo che incontriamo è quello detto Fosso del Caligi e, subito dopo, il Fosso di Titignano e, dopo un po’, quello detto Fosso del Torale. Tutti questi fossi raccolgono le acque di una vasta e meticolosa rete di canali e canaletti, tangibile segno di una millenaria lotta dell’uomo per imbrigliare le acque che scendono giù da ogni angolo di quella che fu l’Etruria del Nord.
Aiutati dal lento scorrere dell’acqua nei canali, il passo corre veloce, mentre il pensiero torna indietro a rimuginare quanto il giorno prima, visitando i musei di Pisa e Coltano, abbiamo imparato sull’Etruria antica e le abilità idrauliche dei suoi popoli.
Con il Fosso del Caligi sempre alla nostra destra, dopo un po’ ci affianca sulla sinistra il Fosso di Oratorio che ci accompagna fino ad un impianto idrovoro di sollevamento, risalente anch’esso agli anni ’30 del secolo scorso, e alla Fossa di Chiara, che attraversiamo. A quel punto siamo fuori del (pre) Parco di Migliarino San Rossore Massaciuccoli e proseguiamo per l’impianto di sollevamento del Lavandone (detto anche del Biscottino), dove grazie a due passerelle attraversiamo il Canale Imperiale e la Fossa Nuova. Il primo è il canale emissario che (passando sotto l’Arno tramite una galleria detta “La botte” delle Fornacette) trasporta nello Scolmatore (e quindi in mare) le acque provenienti da quello che fu il Lago di Bientina (detto di Sesto dai lucchesi): porta il nome Imperiale in onore dell’imperatore Francesco Stefano di Lorena e della consorte Maria Teresa d’Asburgo che, regnanti in Toscana, nel 1756 vollero dotare il lago di un più moderno canale emissario. Vale la pena ricordare che queste passerelle, che offrono per la prima volta un passaggio pubblico campestre tra le province di Pisa e Livorno, sono state rese accessibili al Cd’E per gentile e lungimirante concessione dell’ENI.
Passiamo quindi il Canale Scolmatore, che collega l’Arno (da Pontedera) con il mare, all’altezza del campo di gara (anche internazionale) per la pesca sportiva e dilettantistica. Progettato nel 1954 (in seguito all’inondazione di Pisa del 1949) per poter contenere fino a 1400 metri cubi al secondo di portata, lo Scolmatore attualmente (a causa dell'insabbiamento della foce) può raggiungere una portata massima di 900 metri al secondo. Dal 1986, attraverso un canale sotterraneo che passa sotto l’alveo dell’Arno, lo scolmatore raccoglie anche le acque in eccesso del Padule di Fucecchio. Interessante notare che l’argine sinistro dello scolmatore è stato realizzato interrando quello che fu per secoli il principale collettore idrico delle Colline tra Val di Tora e Val di Càscina: il Fosso Reale, prolungamento regimentato del fiume Zannone, che nasce ai piedi del Monte imperiale, nei pressi del Campo Marzio di Lari. Realizzato nel 1554 (ai tempi di Cosimo I il Grande), il Fosso Reale (che raccoglieva le acque anche dell’Isola e della Crespina) fu riorganizzato da ingegneri toscani e olandesi nel 1672, ai tempi di Cosimo III, il cui governo - prevedendo il periodico interramento - istituì una tassa, detta «del piè tondo, che cumulava l’occorrente denaro per l’escavazione» (ci dice Giovanni Mariti nel suo Odeporico di fine XVIII secolo) e il mantenimento del fosso (che fu rinnovato nel 1740 e ai tempi di Pietro Leopoldo).
Un’altra coppia di ponti ci permette di attraversare l’Antefosso, di (quello che fu) il Fosso reale, detto “dei Paticolari” (poiché usato in origine - ci dice ancora il Mariti - solamente dai «possessori particolari» della soppressa Real Fattoria di Collesalvetti), e l’Antifossetto (regimentazione del Fosso Fologno che scende da Vicarello).
Attraversando tutti questi fossi e canali che formano uno dei più importanti e complessi sistemi collettori idrici di Toscana, la mente va alla storia di questa parte di Toscana in cui, tra il mare e i laghi di Bientina e Fucecchio, l’acqua fu elemento dominante, anche se non sempre egemone. Sembra quasi di sentire il vociare laborioso di generazioni di contadini (e contadine) che con il loro sudore ebbero a scavare i canali, bonificare laghi e lagune, per coltivare (come oggi) questa ubertosa parte di Toscana. Accompagnati da simili pensieri capiamo meglio anche come le Pisae (leggi “pise”) - luogo di incontro idrografico di tutta la Toscana - poterono assurgere (come avvenuto per Venezia e la sua laguna rispetto al Veneto) allo status di (de facto) «Tusciae provinciae caput», come si sarebbe detto ai tempi di Matilde di Toscana. Uno status che Pisa perse proprio quando non riuscì più (a differenza di Firenze e Lucca) a gestire a proprio favore il rapporto con il contado - in questo ostacolata da una mutata congiuntura internazionale, in cui l’importanza dell’acqua (e dei commerci marittimi) scemò a vantaggio della terra, che nell’Italia del secondo Rinascimento divenne la primaria fonte di ricchezza, causando una generale feudalizzazione della società (e un più efficace sfruttamento dei contadini).
Considerazioni appropriate per ben preparare l’ingresso nel più tipico paesaggio contadino toscano. In lontananza, infatti, già si vedono le propaggini più settentrionali di quelle che oggi vengon detti i Monti livornesi (“monte” in Toscana è anche, soprattutto nella toponomastica, sinonimo di collina). I cipressi (l’albero-bandiera dell’identità toscana) ci indicano la strada verso Nugola e l’inizio di quell’angolo di Toscana contadina che, tra oliveti (che qui si chiamano chiudende), vigneti e alberi da frutto, nell’800 l’ultimo granduca descrisse come «la parte più bella di Toscana».
Arrivati a Mortaiolo il Cd’E devia verso Ovest per intercettare il Torrente La Tora che ci porta al Podere delle Pollacce dove, alla nostra sinistra, intravediamo le torri di captazione dell’acquedotto ottocentesco della già citata Real Fattoria di Nugola-Collesalvetti, oggi proprietà Frescobaldi (visitabile, prenotando, l’annesso punto di vendita di eccellenze eno-gastronomiche). Da questo momento in poi fino a Nugola il percorso prosegue tra filari di viti a perdita d’occhia; ogni tanto una “leopoldina”, il tipico “podere” (casolare colonico) dei mezzadri toscani, il cui nome ricorda che qui a comandare erano i granduchi danubiani di Casa d’Austria: S. Leopoldo, S. Ferdinando, S. Costantino imperatore.
La direzione per Nugola ce la danno gli alberi di alto fusto (cerro, rovere, castagno, pino marittimo) che cingono a corona il paese di Nugola (che potrebbe anche esser scelto da qualche viandante del Cd’E come luogo di sosta prolungata, magari anche per uno o più pernottamenti – considerando anche la vicinanza del Parco dei Monti Livornesi). Il passo si fa più veloce.
Nugola vanta una lunga storia di antico insediamento sorto per iniziativa di Ranieri duca di Toscana, già di pertinenza dell’Ospedale di San Leonardo di Stagno e della (perduta) Abbazia benedettina dei Santi XII Apostoli “in Decumo” (dipendente da una casa madre di Provenza) e trasformato in fattoria granducale quando fu donata a Eleonora di Toledo, moglie di Cosimo il Grande (da qui l’intitolazione della parrocchiale ai Santi Cosimo e Damiano). Nel paese domina un’atmosfera di altri tempi, quasi leopardiana. E chi sa che non sia passato di qui davvero l’autore della Ginestra (il famoso inno all’umana federazione), che sappiamo durante il suo soggiorno pisano fu spesso in contatto con la comunità greca pisano-livornese che proprio qui a Nugola aveva molte proprietà e nascose il suo più autorevole esponente: Ignatios, metropolita greco di Ungaro-Valacchia (oggi detta Romania), eroe nazionale della Grecia moderna.
Usciti da Nugola, si attraversa il Fosso Tanna, si raggiunge la località La Badia (sede un tempo della già citata abbazia dei Santi XII Apostoli – intitolatura assai rara in Occidente ma alquanto diffusa in Oriente), si passa il Torrente Tora attraverso il Ponte medìceo, direzione Collesalvetti, capoluogo di un importante e ampio comune, il primo di una serie di centri collinari maggiori allineati sulla S.P. n. 35 delle “Colline di Lari” che collega Collesalvetti a Santo Pietro Belvedere attraversando Fauglia, Crespina, Lari e Cevoli.
A Collesalvetti sono da visitare la Piazza della Repubblica, con l’elegante palazzo-villa-fattoria granducale, la vicina pinacoteca civica e la parrocchiale dei Santi Quirico e Giulitta (nel cui presbiterio gli stemmi di Pisa e Livorno ci ricordano come qui siamo in diocesi di Pisa ma in provincia di Livorno) con moderna ma bella Madonna del Buon cammino (detta anche Odigitria, in greco "colei che guida nel cammino”) in stile romano-cristiano (detto normalmente “bizantino”).
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